Non pensavo...

Non pensavo che uno scrittore Francese potesse cogliere le sfumature dell'animo russo... non pensavo che la storia di Limonov potesse far riemergere alcuni ricordi della mia infanzia eppure Emmanuel Carrere lo ha fatto. Con uno sguardo esterno, straniero verso i Russi come lo è il mio verso gli Italiani.

Con le prime pagine lette quasi d'un fiato, mi sono sorbita una quantità significativa dei ricordi. Ricordai cosa volesse dire essere russi e compresi le sensazioni delle persone sul comunismo, sul regime, sul modo di fare delle mamme e sul come si crescevano i bambini.

Forse sono troppo giovane per ricordarmi certe cose. Perché allora Carrere mi ricordò la mia infanzia in Lettonia e le mie estati passate in Bielorussia?



Il libro mi ricordò quel modo di crescere nei cortili dei palazzi stracolmi di persone e i gruppetti dei quartieri. Quel modo di affrontare la vita con lo scopo di imparare a difendersi da soli.

Mi ricordai del pugno ricevuto sulla gabbia toracica da un ragazzino dei gruppetti che si incontrano nei quartieri. Mi fece perdere il fiato colpendo poco sopra il diaframma, ma io ero rimasta immobile a guardarlo, con gli occhi pieni di paura, ma pronta a seguire ogni suo movimento per prevenire il dolore che sarebbe arrivato da un colpo successivo. Non mi colpì più, quello fu solamente il primo avvertimento.
Questo incontro non m'impedì a continuare a frequentare quel quartiere. Anzi, mi fece crescere e soprattutto mi insegnò, che se fosse successo un'altra volta, avrei restituito il pugno, sul naso.

M'immaginavo la faccia sorpresa del ragazzo che s'inondava di sangue e i suoi amici che scappavano spaventati mentre  mi allenavo a tirare il pugno sul divano o sulla parete della mia cameretta. Memorizzai il movimento del polso e l'archiviai nella mente per un'evenienza di questo genere, per il momento in cui mi potrà servire, forse salvandomi la vita, o prolungandola di un po'!

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