Da Masterpiece a MasterPuglia a cavallo sullo scirocco

Quella Sciroccata di Jelena ha aderito a un'iniziativa stupenda. Per l'Inchiostro di Puglia ho scritto un racconto che ha fatto parte dei 4 racconti di ex Masterpiece, MasterPuglia.

Per l'occasione ho mandato una mia foto con la faccia seria, forse troppo formale, ma chi mi conosce bene sa che la serietà nella foto mi sia costata uno notevole sforzo.

Grazie a Michele Galgano che fa accadere cose belle su Inchiostro di Puglia.





Marina di Pescoluse: lo scirocco
di Jelena Kuznecova

Un bagliore di luce illumina la statale 247 che collega Gallipoli con Leuca. Il flash acceca i passeggeri e sparisce dopo aver leccato la targa dell’auto.
“L’hai visto?”
“Sì, cos’era papà?”
“Era l’autovelox, stavo andando troppo veloce e mi sa che ho preso una bella multa. Ora rallento.” Controlla lo specchietto retrovisore per vedere se non li segue nessuno e stringe entrambe le mani sudate sul volante. Proseguono nella notte senza più fiatare.
“Marina di Pescoluse.” La bambina legge il cartello direzionale, saltellando sul posto e appoggiando la fronte sul vetro del finestrino “non vedo niente.”

“Aspetta un po’ Amelia, ancora qualche minuto.” La macchina si tuffa a destra per imboccare un’altra strada. I cartelloni di ristoranti e di lidi s’intensificano, spuntano le prime case. Per strada non c’è un’anima viva.
“Guarda alla tua destra, vedi quel nero profondo? Quello è il mare.”
Amelia abbassa il finestrino e si sporge, l’aria fresca riempie l’abitacolo.
“Chiudi tesoro, che ci ammaliamo. Tu non vuoi tornare all’ospedale vero?”
La bambina richiude il finestrino, l’auto prosegue fino al parcheggio e si arresta in mezzo al piazzale vuoto.
“Siamo arrivati. Ora ti abbasso il sedile, così dormi un po’ cucciola.”
“Papà, quando andiamo sulla spiaggia?”
“Domani. Faremo una bella passeggiata e se sarà una giornata di sole potremo stare in giro tutto il giorno. Intesi? Ora però devi dormire. Dai un bacio a papà.” La bambina l’abbraccia per il collo e gli dà un bacio sulla guancia.
“Ti voglio bene.”
“Ti voglio bene anch’io. Vado a fare due passi qui fuori, ok?”
La bambina non risponde, è già crollata. Lui le rimbocca la coperta, le passa la mano sulla testa meravigliandosi quanto il pallore del suo viso spicchi anche nell’oscurità della notte.
Ha bisogno di respirare, di uscire fuori.
Un pezzo della spiaggia è divorato dall’alta marea. La sabbia è umida e l’aria è fredda e appiccicosa. Lui rischia di ammalarsi a star seduto per terra, ma poco gli importa. Boccheggia l’aria fredda che gli lacera la gola.

Piange, geme e trema accovacciato nella stessa posizione per ore finché non sente di aver svuotato il corpo dal dolore e dalla rabbia accumulati dal momento della fuga dall’ospedale di Taranto. Poche ore prima lui aveva sfruttato la confusione per portare Amelia fuori a fare due passi nel parco adiacente. Lei era molto debole, priva di quella energia vitale da bambina che lo faceva tanto sfinire.
“Piano” le diceva “non correre che ti farai male. Ma non sei stanca?” e la bambina rideva e continuava a saltellare in giro. Cosa non avrebbe dato per vederla correre di nuovo così, per allontanarla da quel luogo di morte dove il suo medico curante aveva pronunciato la sentenza definitiva misurando la sua vita in giorni se non in ore.



Per leggere il resto andate sul sito Inchiostro di Puglia.

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